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Potresti forse aver sentito parlare di eco-minimalismo. In caso contrario, probabilmente sentirai nominare questa parola nei prossimi mesi: si tratta infatti di un movimento che sta crescendo piuttosto velocemente. Ma di cosa si tratta nel concreto? Partiamo dalle radici del termine: a usare per la prima volta la parola “eco-minimalism” furono Howard Liddell e Nick Grant, il primo architetto, il secondo consulente in campo energetico. Erano i primi anni Duemila, e i due usarono questo termine per riferirsi a degli edifici progettati e costruiti per ridurre al minimo l’impatto ambientale. Da quel momento la parola eco-minimalismo iniziò a circolare e ad allargarsi, per arrivare oggi a definire lo stile di vita di chi abbraccia i principi del minimalismo puntando alla riduzione dello spreco di risorse e di inquinamento.

L’eco-minimalismo punta quindi ad apportare dei benefici sia a livello ambientale, sia nella salubrità della vita quotidiana. Permette infatti di ridurre in modo significativo l’emissione di gas a effetto serra, lo spreco alimentare, lo spreco di risorse, lo spreco energetico e via dicendo, e allo stesso tempo di tagliare lo stress e l’ansia della vita quotidiana, attraverso un’esistenza più semplice e più sostenibile.
Certo, sorge spontanea una domanda: l’eco-minimalismo è davvero differente dal minimalismo come lo conosciamo? Risponderò in modo completo a questa domanda nel prossimo episodio del podcast.

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